Maternità facoltativa e Maternità obbligatoria, quali differenze e quando decidere

famigliaLa maternità obbligatoria, che è stabilita per legge, ha una durata di 5 mesi durante i quali la donna percepisce l’80% della sua retribuzione, inizia due mesi prima della data prevista del parto e prosegue fino al compimento del terzo mese del bambino. La retribuzione durante il periodo di maternità può anche essere del 100% se sono stati sottoscritti contratti collettivi che lo prevedono, la differenza in più viene erogata direttamente dal datore di lavoro. Qualora si verifichi una nascita anticipata rispetto al termine previsto, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal suo servizio, oltre ai 3 mesi post partum anche ai giorni di cui non ha fruito in precedenza.
La maternità obbligatoria spetta anche alle lavoratrici che abbiano subito un aborto dopo il sesto mese di gestazione le quali hanno diritto all’astensione dal lavoro per 5 mesi.

Una delle novità introdotte con il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 80 recante le “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” risiedono nella possibilità per la mamma di riprendersi i giorni non goduti prima del parto nel periodo post anche se il totale complessivo sia superiore a cinque mesi complessivi.
Altra novità consiste nella possibilità di fruire dei giorni non goduti a causa della nascita anticipata rispetto a quella presunta aggiungendole al periodo di congedo per maternità anche se la somma dei due periodi superi il limite complessivo di cinque mesi.

Quando scatta la maternità obbligatoria

Per avere diritto alla maternità obbligatoria, entro il settimo mese di gravidanza, la donna deve presentare una domanda apposita al datore di lavoro e all’INPS che deve essere corredata da una certificazione medica che specifichi la data presunta del parto e il mese di gestazione. La nascita deve poi essere comunicata con l’autocertificazione entro 30 giorni, sia all’Istituto di Previdenza sia al datore di lavoro, al quale si dovrà anche comunicare se si intende riscuotere gli assegni familiari per il bambino e richiedere le detrazioni per carichi di famiglia.

A chi spetta la maternità

  • alle lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità
    (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo
  • alle disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni (art. 24 T.U.):
  • il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro
  • il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di
  • disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso
  • alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.)
  • alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno
    26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.)
  • alle lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.)
  • alle lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.)
  • alle lavoratrici assicurate ex IPSEMA

Maternità anticipata o posticipata?

La maternità obbligatoria può anche essere anticipata o posticipata.

Quando è possibile chiedere la maternità anticipata

Si può chiedere l’anticipo quando ci si trova a far fronte a una gravidanza a rischio, quando insorgono complicanze nella gestazione, ma anche se le condizioni di lavoro possono compromettere la salute della madre o del nascituro e non sia possibile far svolgere alla donna mansioni diverse. In questo caso viene prolungata anche l’astensione del lavoro dopo il parto che può arrivare fino a 7 mesi.

Come ottenere la maternità anticipata

Per ottenere l’anticipo della maternità per gravidanza a rischio o complicanze la donna deve presentare una domanda presso la Direzione Provinciale del Lavoro, ovviamente corredata dalla certificazione medica rilasciata dall’ASL o da una struttura sanitaria. Se entro una settimana non vi è nessun pronunciamento, la domanda si ritiene accolta e la lavoratrice riprenderà il suo posto al compimento del terzo mese del bambino.
Nel caso in cui la gestante svolga lavori pericolosi per la sua salute o quella del bambino e il datore di lavoro non possa adibirla ad altre mansioni, dovrà essere lui stesso a richiedere l’astensione anticipata per maternità alla Direzione Provinciale del Lavoro che valuterà il caso e potrà anche fare accertamenti.

La futura madre può anche chiedere di posticipare l’inizio della maternità scegliendo lavorare fino a un mese prima del parto previsto, in ogni caso la duranta di assenza dal lavoro sarà sempre di 5 mesi (1 prima della nascita e 4 dopo). Per fare ciò deve presentare una certificazione medica rilasciata dal Servizio Sanitario Nazionale che attesti che il protrarsi del lavoro non arreca danni né a lei né al nascituro.

Quanto dura

Il periodo di durata di divide in prima e dopo il parto.

  • Prima del parto:
    • i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità) e il giorno del parto
    • i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili)
      dopo il parto
  • Dopo il parto:
    • i 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva. In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni compresi tra la data effettiva e la data presunta
    • i periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio)

E dopo i tre mesi dopo il parto quali diritti spettano  ancora

Tre mesi dopo il parto la donna può decidere di tornare al lavoro e in questo caso ha diritto a permessi giornalieri retribuiti di due ore al giorno fino al compimento dell’anno del bambino. Se il suo orario prevede meno di sei ore al giorno avrà diritto a una sola ora di permesso. Questo diritto può essere esercitato sia dalla madre che dal padre.

Ricordate che nel caso di parto gemellare i permessi, congedi, indennità e quant’altro vale il doppio.

Cos’è la maternità facoltativa

La normativa prevede poi ulteriori disposizioni a tutela della maternità e della paternità che vengono definite “maternità facoltativa” o congedi parentali e che quindi devono essere specificatamente richieste da uno o entrambi i genitori.
Al termine del periodo di astensione obbligatoria può rendersi necessario un ulteriore lasso di tempo da concedere alla madre o al padre per rimanere accanto al figlio, per questo motivo la legge prevede che fino al compimento dell’ottavo anno del bambino si possa richiedere di assentarsi dal lavoro per un massimo di sei mesi per l’accudimento del bambino.
Questo periodo di maternità facoltativa può essere fruito in modo continuativo o frazionato e può esser goduto contemporaneamente da entrambi i genitori per non oltre 10 o 11 mesi (vedremo in seguito i vari casi).
Ciò significa che dopo l’astensione obbligatoria, la madre può scegliere di protrarre di qualche mese la maternità, ma nulla vieta che sia il padre a usufruirne oppure entrambi contemporaneamente. Si tratta di un’opportunità che la maggior parte delle famiglie scelgono per restare accanto al bambino nel periodo dello svezzamento, ma si possono richiedere anche brevi periodi in momenti diversi.

Come avere la maternità facoltativa o congedo parentale

Per godere della maternità facoltativa occorre fare richiesta almeno 15 giorni prima e la retribuzione per questi periodi di astensione dal lavoro sarà pari al 30% dello stipendio. In caso di famiglia monogenitoriale la maternità facoltativa spetta per un periodo di 10 mesi. Vi segnalo a tal proposito l’articolo dedicato proprio a come richiedere il congedo parentale (anche a ore o a singoli giorni alla settimana) e come funziona.

Quando se ne può fruire

Vediamo ora i vari casi che si possono presentare, tenendo presente che se il padre fruisce di almeno tre mesi di congedo può estendere il suo periodo di un altro mese, portandolo a 7 mesi totali.
Se entrambi i genitori sono lavoratori dipendenti hanno diritto all’astensione dal lavoro per 6 mesi la madre e 6 o 7 il padre per un totale che non deve superare gli 11 mesi.
Se la donna è casalinga o disoccupata la maternità spetta al solo genitore di sesso maschile se è un lavoratore dipendente per un massimo di 7 mesi; se invece è una lavoratrice autonoma godrà di un congedo di 3 mesi, mentre il padre autonomo non ha diritto ad alcuna facilitazione.

La madre o il padre lavoratori hanno invece diritto, qualora ne facciano richiesta, a un periodo di maternità facoltativa della durata di 3 anni quando il bambino presenti una grave situazione di handicap accertata dall’ASL o al permesso di due ore giornaliere.
Dopo il compimento del terzo anno la maternità facoltativa prevede la possibilità di ottenere tre giorni di permesso mensile.

Sempre nell’ambito della legislazione che regola la maternità obbligatoria e facoltativa vengono regolamentati anche i permessi per malattia del bambino. Fino al compimento dei tre anni entrambi i genitori alternativamente si possono assentare dal lavoro in caso di malattia del figlio senza limiti di tempo; l’unico obbligo è presentare la certificazione medica.
Dai tre agli otto anni invece i genitori si possono assentare per lo stesso motivo solo per un massimo di 5 giorni all’anno. Si tratta in questi ultimi due casi di periodi non retribuiti.

Buongiorno, vorrei segnalare che con la riforma del c.d. Jobs Act il congedo parentale può essere fruito fino ai 12 anni di vita del bambino come chiarito anche nella Per ogni ulteriore approfondimento si rinvia alla Circolare INPS n.139 del 17 luglio 2015.

Convenienza tra Maternità e il nuovo baby sitting

Al termine della maternità ordinaria di cinque mesi trova una valida alternativa può accedere ad un trattamento economico integrativo di 600 euro utilizzabile valido per ulteriori per sei mesi da utilizzare nell’arco degli 11 mesi successivi, purché finalizzato al pagamento della baby sitter o asili nido al fine di desistere le madri a chiedere il congedo parentale. La finalità non è manifesta ma, potrei sbagliarmi il legislatore a mio avviso ha ritenuto che l’allontanamento forse è può oneroso per il sistema rinunciare alla dipendente di fatto mettendo sul fatto quasi il doppio del contributo INPS che spetterebbe in caso di congedo parentale che si aggira intorno ai 300 euro.

Questa possibilità vale sia per le lavoratrici dipendenti del settore pubblico sia privato sia iscritte alla gestione separata INPS in quanto lavoratrici autonome con partita Iva ma non iscritte alla cassa previdenziale (in quanto beneficerebbero già di un trattamento di maternità dalla propria cassa previdenziale e non sarebbe cumulabile). Le modalità con cui richiedere e accedere per il 2016 saranno oggetto di apposito decreto attuativo che deve ancor uscire :-). Potete approfondire con l’articolo dedicato al Bonus Baby Sitter.

Novità per il congedo parentale a ore dopo il Job Act

Una dell novità riguarda l’anno 2015 è quella che prevede la possibilità anche per le lavoratrici parasubordinate che avranno il diritto all’indennità di maternità anhe nel caso in cui il loro datore di lavoro non abbia versato i contributi.
Potete leggere anche l’articolo correlati al congedo parentale e congedo di paternità in cui potrete verificare che sono stati ampliati i termini per accedere al congedo fino ai 12 anni del bambino ma con alcune caratteristiche rispetto naturalmente all’indennità concessa.

Nuovo congedo parentale a Ore: novità interessantissima

Assegno di maternità: quanto vale e come prenderlo

Altro discorso invece riguarda il contratto di sostituzione maternità che potete approfondire leggendo l’articolo correlato oppure quello dedicato al nuovo assegno di maternità.

http://www.tasse-fisco.com/lavoro-dipendente/numero-massimo-proroghe-sostituzione-maternita-termine-intervalli/39132/

62 Commenti

  1. Buongiorno,

    mia moglie ha lavorato fino al giorno del parto, parto avvenuto in maniera precoce (21 giorni prima della data presunta).
    Circa 12 giorni dopo il parto abbiamo comunicato all’INPS i dati della neonata: poichè a sistema non era consentito di inserire oltre ai 5 mesi spettanti anche i 21 giorni relativi alla precocità, abbiamo chiamato il call center e l’operatore stesso (non noi) ha inserito una nuova pratica. L’INPS ha poi però rigettato tale pratica; siamo quindi andati a chiedere e dicono che era sbagliata.

    Ora abbiamo 2 problemi:
    1- allo sportello l’INPS (agenzia complessa di Milano via Circo) ci viene detto che non possono gestire l’altra pratica perchè mancano i decreti attuativi per gestire chi deve fare 5 mesi di maternità tutti dopo il parto. Non possono neanche vedere se è corretta, quindi noi non sappiamo se c’è magari qualche errore (cosa possibile, dato che l’abbiam fatta seguendo le indicazioni dell’INPS che già aveva sbagliato la precedente).
    2- ci dicono inoltre che i giorni di precocità comunque non ci spettano, che quindi avremo solo 5 mesi.
    non sappiamo se l’altra pratica da noi presentata (sia corretta) e loro dicono di non poterlo verificare

    Siamo andati anche ad un Patronato ACLI che ci ha però detto che non possono fare nulla, di andare all’INPS…
    La situazione per noi è surreale per non dire drammatica, davvero dobbiamo restare nel limbo senza sapere nulla finchè un giorno uscirà un decreto attuativo?
    E’ una situazione comune a tutti quelli che vogliono fare i 5 mesi dopo il parto?
    L’azienda ovviamente al momento non sa come procedere, dato che hanno ricevuto la reieizione dell’INPS sulla pratica errata mentre sull’altra non hanno ricevuto comunicazioni.

    Grazie mille dell’aiuto

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