Guida all’applicazione Patent box e la tassazione agevolata: calcolo e applicazione

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Aggiornato il 24 Agosto 2023

patent boxVediamo comme applicare la Patent Box oltre alla compilazione del nuovo modello di adesione per vedere se possiamo aderire e come rintracciare i ricavi associabili al bene immateriale che rappresenta il nodo della reale applicazione di questa misura agevolativa che sta facendo gola a moti consulenti.

Il patent box è una misura agevolativa dal punto di vista fiscale ed è applicabile sui redditi derivanti dallo sfruttamento di opere dell’ingegno a partire dal 2015. L’obiettivo che il ministero per lo Sviluppo Economico intende perseguire è sostenere la competitività delle imprese in modo che possano reggere alla globalizzazione dell’economia mondiale. La normativa si pone in rapporto di continuità con quella applicata in altri Paesi dell’Unione Europea come Belgio, Francia, Gran Bretagna ed altri, al fine di armonizzare, dal punto di vista fiscale, le varie normative e disincentivare la collocazione dei beni immateriali in Paesi diversi dall’Italia in cui vi è una fiscalità maggiormente favorevole per le attività di ricerca e sviluppo. Il patent box si pone in armonia anche con le raccomandazioni dell’OCSE.

Riferimenti normativi

Il patent box è introdotto nel nostro ordinamento con la legge di stabilità 2015 (Legge n.190 del 2014 ), mentre le misure attuative sono state stabilite con decreto nel Ministro per lo Sviluppo Economico di concenrto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, può essere applicato ai titolari di reddito di impresa derivato dall’utilizzo di beni immateriali.

Su cosa si applica la patent box

Andiamo subito al nocciolo della questione altrimenti molti di voi credono di ridursi i ricavi in un secondo e poi ci restano male. Nella relazione illustrativa viene definito tale ambito dicendo che riguarda i redditi derivanti dall’utilizzo delle opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di marchi d’impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico, giuridicamente tutelabili. Ai fini dell’applicazione dei benefici previsti dai commi da 3 ad 11, i marchi di impresa si intendono funzionalmente equivalenti ai brevetti quando il loro mantenimento, accrescimento o sviluppo richiede il sostenimento di spese per attività di ricerca e sviluppo; sono in ogni caso esclusi dalla agevolazione i marchi esclusivamente commerciali. La norma non richiede necessariamente la registrazione del bene immateriale, pur dovendosi trattare di beni per cui le leggi vigenti prevedono “potenzialmente” la protezione.

So che state già pensando di ridurre i vosstri ricavi del 50% per il tramite delle spese che sostenete per la vostra assistenza informatica ma non è così semplice e mancando ancora il decreto attuativo che definisce chiaramente cosa si intende con queste nozioni sopra riportate vedrete che i confini si restingeranno notevolmente.

Chi può beneficiare del patent box?

Possono beneficiare dell’agevolazione sia le imprese (imprese individuali, società, trust, stabili organizzazioni) che hanno sviluppato in proprio i beni immateriali, sia le imprese che invece hanno acquisito il diritto allo sfruttamento da altri soggetti, ad esempio le imprese che hanno comprato il brevetto o hanno commissionato la ricerca e lo sviluppo ad un ente di ricerca, pubblico o privato. Rientrano in tale categoria i redditi derivanti dallo sfruttamento di software protetto da copyright, brevetti, anche se in corso di concessione, marchi disegni e modelli che siano giuridicamente tutelabili, ovvero registrati o in corso di registrazione, infine possono usufruire della tassazione agevolata del patent box anche le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali.

L’agevolazione non può essere applicata alle società che sono assoggettate a procedure fallimentari, in liquidazione o in amministrazione straordinaria. Questa limitazione è dovuta al fatto che tali attività non sono dirette alla continuazione dell’esercizio di attività d’impresa, inoltre per esse si applicano criteri diversi da quelli ordinari per la determinazione del reddito.
Dal punto di vista territoriale la normativa si applica ai titolari di reddito residenti italiani, oppure residenti nei Paesi con i quali vige un accordo volto ad evitare la doppia imposizione fiscale.

Regime opzionale

Il regime di tassazione agevolata è di tipo opzionale, quindi spetta al titolare scegliere se accedere a tale regime oppure restare assoggettato ad una tassazione di tipo ordinario. Inoltre vige per 5 periodi di imposta successivi rispetto a quello in cui si esercita l’opzione, è irrevocabile e rinnovabile.

Per esercitare l’opzione è prevista una fase di transizione in cui occorrerà comunicare direttamente all’Agenzia delle Entrate tale scelta, mentre trascorsi i primi due anni dal periodo di imposta che si conclude il 31 dicembre 2014, basterà comunicare l’opzione nella dichiarazione dei redditi.

Beneficio in tre mosse

La determinazione del beneficio e la valutazione di convenienza economica passare per i tre punti seguenti:

  • Calcolo della quota di reddito derivante dall’utilizzo dell’immobilizzazione immateriale
  • Applicazione della percentuale agevolabile come rapporto tra costi qualificati e costi totali
  • Calcolo della detassazione (30% per il 2015, 40 per cento per il 2016 e 50 per cento dal 2017)
  • Preventivo dei costi amministrativi contabili e fiscali eventualmente da abbattere

La quota soggetta ad agevolazione fiscale è calcolata in base al rapporto tra i costi sostenuti per lo sviluppo, per il mantenimento e accrescimento del bene immateriale ed i costi complessivi, tale risultato deve quindi essere moltiplicato per il reddito generato dal prodotto immateriale. Ciò che si ricava è la quota di reddito agevolabile, a cui si applicano le percentuali del 30% nel 2015, 40% nel 2016 e 50% dal 2017.

In base alla normativa, tra i costi che possono essere oggetto di agevolazione fiscale patent box vi sono, oltre ai costi di ricerca e sviluppo, anche anche quelli relativi alla presentazione, comunicazione e promozione del bene stesso, in poche parole si tratta dei costi per le campagne pubblicitarie. La normativa di attuazione precisa che sono considerati costi validi per usufruire del patent box, anche quelli sostenuti per la protezione del marchio e per evitare la contraffazione.
Al fine di determinare il rapporto tra i costi sostenuti e il reddito prodotto dal singolo bene immateriale, non è possibile invece tenere i considerazione gli interessi passivi, le spese riferite agli immobili e tutti quei costi che non possono essere collegati ad uno specifico progetto industriale. Solo per il primo periodo di imposta, oltre a calcolare i costi sostenuti nell’anno a cui la dichiarazione si riferisce, possono essere tenuti in considerazione anche i costi sostenuti nei tre periodi di imposta precedenti, questa agevolazione è dovuta al fatto che spesso le attività di ricerca e sviluppo iniziano molto prima rispetto al periodo in cui è possibile sfruttare l’idea o il brevetto e quindi sarebbe inopportuno non considerare anche i costi sostenuti negli anni antecedenti rispetto a quello in cui è iniziato lo sfruttamento economico.

Una volta determinati i costi, occorre determinare il reddito di impresa sul quale si va ad applicare l’agevolazione vista. Anche in questo caso vi sono delle importanti novità perché l’articolo 10 della normativa di attuazione stabilisce che, ai fini della determinazione del reddito, non devono essere calcolate quelle somme derivanti dalla cessione del bene immateriale che sono reinvestite, per una quota almeno pari al 90%, in attività di ricerca e volte a sviluppo, mantenimento di altri progetti immateriali. Le somme devono però essere tracciabili e utilizzate attraverso contratti di ricerca a università, start up, società, istituti che si occupano di ricerca, sia autonomi, sia controllati o che controllano la società richiedente il beneficio della tassazione agevolata con il patent box.

Agevolazione anche sull’Irap

La detassazione riguarda non solo le imposte sui redditi, ma anche l’IRAP, Imposta Regionale sulle Attività Produttive.
Queste le linee generali per usufruire delle agevolazioni fiscali previste dal patent box a partire dall’anno 2015.

Le agevolazioni previste sottostanno al requisito di un utilizzo diretto dei beni immateriali ed andrà condiviso preventivamente con l’amministrazione finanziaria secondo linee guida imposte dall’Ocse attraverso il meccanismo del ruling. Non vi spaventate dalla parola. In pratica si farà un’istanza e si chiederà di applicare una percentuale motivandone la richiesta e l’agenzia delle entrate si deve esprimere.

Se volete approfondire ulteriormente la fattispecie potete leggere la circolare 32 del 1980 che rappresenta un importante punto di riferimento per la disciplina del trasfer price (in estrema sintesi la valutazione della corretta applicazione di tariffe negli scambi commerciali tesa ad evitare sovra o sottofatturazioni)

La procedura di Ruling

Per fruire delle agevolazioni in questione si dovrà passare per una procedura di ruling con l’agenzia delle entrate il cui coto in sè non sarà cosa da poco perchè dovrete molto probabilmente farvi assistere da uno studio che ne capisce ed i cui esiti possono essere imprevedebili.

Manca il decreto attuativo: strano! Uscito il 22 Ottobre

Dalla relazione illustrativa al decreto i confini di applicazione ossia l’ambito oggettivo sembrerebbe ricomprendere una vasta gamma di immobilizzazioni immateriali per questo ultimamente non si fa che parlare di questa patent box e tutti sperano naturalmente di poter fruire dell’agevolazione anche per esmepio per lo sviluppo di un software interno o anche solo per i costi che sosteniamo ogni per l’attività dei sistemi informativi aziendali. Il passaggio immediato per cui dei volponi che abboccano è quella di provare a vedere se possono abbatterere i propri ricavi del 50%. Così a mio modesto avviso non sarà e non sarà confermato nel decreto attuativo.

Ecco il decreto attuativo del 22 Ottobre 2015 che abbaimo da poco inserito dove trovate le nodalità applicative. A voi i commenti e la fattibilità dell’iniziativa oltre al reale risparmio economico che si potrebbe ottenere.

Decreto Attuativo Patent Box (leggere)

Dopo averlo letto a mio avvisono i punti dolenti da smarcare sono

  1. Definizione di software prodotto internamente e protetto da copyright o anche da diritti tutelabili giuridicamente
  2. Approfondimento delle temaptiche relative alla proprietà industriale
  3. Individuazione di metodologie di calcolo per identificare la quota ragionevole di ricavi attribuibili ai software
  4. Predisposizione del Ruling
  5. Far digerire le nostre risultanze all’agenzia delle entrate che dovrà esrpimersi attraverso un contradditorio nella definizione o correttezza delle risultanze in quanto gli andremmo a dire candidamente che non pagheremo imposte du X% di ricavi….in bocca al lupo

Nei prossimi giorni comunque affornteremo ciascun tema per approfondirlo insieme

Posso dedurmi le spese per i software generati nternamente all’azienda o i costi di manutenzione dei sistemi?

Inoltre vi ricordo che quando parliamo di sviluppo di un software generato internamente, magari anche un semplice algoritmo creato su xls o anche un piattaforma interna aziendale, rappresentano delle voci che dovrebbero essere annoverate, nell’ipotesi in cui non sinao tutelato dalla normativa sul diritto d’autore tra le altre immobilizzazioni e non tra le opere dell’ingegno.

Possono esserci due situazioni ossia costi di esercizio senza utilità pluriennale e costi che possono essere capitalizzati
perchè per esempio hanno dato luogo ad un programma utilizzabile all’interno della società come puà essere una infrastruttura o un datawherehouse che che classifcherei nella voce di attivo patrimoniale B.I.7 “Altre immobilizzazioni immateriali”.

Inutile dire che le chiacchere che sento tra i professionisti e le speranze che nutrono molti sono che anche queste piccole innovazioni possono rappresentare costi che gli consentiranno di beneficiare della patent box e quidni di abbattere i ricavi del 50%……magari, ma probabilmente non sarà così perchè lo stato avrebbe una perdita di gettito mostruosa per cui vedendo come la tassazione media con il Governo Renzi sia aumentata non vedo come questo sia realizzabile….ma noi ci speriamo naturalmente….e aspettiamo.

In tal senso quindi se procediamo nel ragionamento potremmo capitalizzare anche il costo del personale impiegato direttamente nella produzione e gestione di queste infrastrutture o il costo dei sistemisti che paghiamo e la quota di costi indirettamente imputabili. generalmente comunque queste infrastrutture hann una obsolescenza tecnologica abbastanza marcata per cui la rassi è di considerarli deducibili e ammortizzabili in 4 anni anche se nella prassi si riscontrano anche casi di allungamento del periodo comprovato da una perizia tecnica che ne giustifica un utilizzo per un maggiore periodo di tempo. Alla fine di ogni anno come sempre per i beni immateriali sarà necessario anche verificare la tenuta del valore di recupero per valutare la sua eventuale svalutazione.
Detto questo nfrango i vostri sogni e vi dico che comunque non potranno essere capitalizzabili gli onorari che paghiamo ai professionisti per la manutenzione ordinaria delle infrastrutture create o anche i piccoli aggiornamenti che nella sostanza non modificano la durata di utilità pluriennale del bene immateriale.

Novità; da 120 giorni a 150 per la discussione

Una volta presentata l’Istanza il contribuente ha diritto a 120 giorni per completarla e molte imprese si sono prese i 120 giorni, ora 150, per sviluppare il modello che dovrà convincere l’agenzia delle entrate della bontà dei calcoli per richiedere la detrazione. Con provvedimento del 23 marzo 2016 infatti viene concessa una proroga di trenta giorni per le istanze presentate dalla data di pubblicazione del precedente atto (1° dicembre 2015) e fino al 31 marzo 2016.

Modello per l’adesione alla patent Box

Modello_PatentBox

Modello di calcolo per la patent box

Rispetto alla determinazione del modello di calcolo per verificare effettivamente quale può essere l’apporto degli investimenti in ricerca e sviluppo alla generazione dei ricavi aziendali confrontandomi con diversi colleghi esistono fondamentalmente due correnti di pensiero.

Una che vede determinare l’apporto definendo una stretta correlazione tra il ricavo e l’investimento. I poche parole se ho investito in un software di contabilità non ho alcun beneficio o apporto alla generazione o incremento di ricavi. Al pari di qualsiasi altro software o Know how che sviluppo interamente per rispettare disposti normativi o regolamentari che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo della mia funzione commerciale.

Altri invece sono più sofisticati e, come sembrerebbe anche accogliere benevolmente l’agenzia delle entrate, hanno definito quale apporto medio porta ciascuna funzione aziendale alla determinazione del risultato d’esercizio nell’assunto che, nel suo piccolo, anche un ufficio fiscale o contabile o la segreteria contribuiscono, seppur , in diverso modo, a generare il reddito ed il risultato d’esercizio.

In tal senso avremo sicuramente che un investimento in ricerca e sviluppo realizzato per servire una funzione commerciale o la rete di vendita contribuirà in una percentuale elevata a generare il risultato d’esercizio mentre le funzioni amministrative in misura percentualmente inferiore. Di grande importanza a tal fine sarebbe avere un conto economico sviluppato per centri di costo e questo implica che, se non avete una funzione di controllo di gestione interna, lo dovrete fare da soli. Questo inoltre sarebbe meglio supportarlo anche con delle medie di settore seguendo un po’ la logica del transfer pricing per chi già si è cimentato con questo per dover giustificare il valore normale delle transazioni effettuate.

Per cui se dovessimo fare un esempio e dovessimo avere un conto economico che ci dice che i costi aziendali sono comporto dal 20% dall’amministrazione e per l’80% dalla funzione commerciale allora si potrebbe immaginare che eventuali investimenti peserebbero solo per l’80% se effettuati per sviluppare la seconda funzione e il 20% per la prima.

Vi consiglio di leggere la nuova circolare 7 del 2016 dedicata proprio all’applicazione della Patent box

Circolare n. 11 del 7 aprile 2016 Patent BOX

5 Commenti

  1. Col Patent Box si può avere veramente un’agevolazione fiscale del 50% sul reddito prodotto dallo sfruttamento del bene immateriale?

  2. Le richieste sono state qualche decine di migliaia. Vedremo. Ero partito scettico, lo devo ammettere e dopo la presentazione dell’istanza partono i 120 giorni dove emergeranno i valori in gioco. Poi si dovrà condividerli con L’agenzia delle entrate e li si vedrà se ne sarà valsa la pena.

  3. Il Patent Box sulla carta dovrebbe essere un’ottimo strumento per “aiutare” le società che effettivamente sostengono spese di ricerca e sviluppo. Credo pero’ che i benefici effettivi che saranno concessi a questi soggetti, essendo il calcolo molto complesso e opinabile, non saranno significativi nella maggior parte dei casi.

  4. Ieri è uscito il provvedimento. Il punto cruciale riguarda sempre lambito oggettivo di applicazione ossia su quali beni immateriali si applica perchè ad oggi sembrerebbe un pò troppo lasca. Secondo punto è identificare un criterio ragionevole a cui associare i ricavi in teroia riconducibili a quel bene immateriale. Nella sostanza riterrei forse in modo restrittivo che strutture software a supporto del business non è che siano determinanti per fare ricavi. Forse il caso di un’agenzia di viaggi che ha un sito dove si effettuano le prenotazione potrà considerare una percentuale significativa giusto così per fare un esmepio. Ma se parliamo di aziende che commerciano magari con una propria rete di vendita dei deni ed hanno solo un sito.
    Discorso diverso invece per chi fa proprio ricerca e sviluppo, chi si iscrive tali costi in bilancio come tali e sviluppa veramente software interni che hanno valore.
    Per il resto lo so che sembrerà disfattista ma mi sembra tutta roba che stanno proponendo consulenti d’assalto. Però vediamo come evolve il dibattito, magari veramente l’amministrazione finanziaria decide di rinunciare a quel gettito fiscale.

  5. Mi chiedo come si possa determinare i costi interni di sviluppo di una software house, tanto più se ditta individuale con il titolare che svolge attività di R&D.

    A me sembra impraticabile, ma se lo fosse veramente sarebbe una fortissima discriminazione tra la piccola impresa e i grandi gruppi che probabilmente creeranno delle società ad-hoc per vendere royalties evitando così di dover gestire delle procedure di “ruling” con l’AE.

    La norma prevederebb una procedura semplificata per le PMI ma se non erro non è stata ancora pubblicata.

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