Atto di precetto, nuova formula e procedura dopo il decreto anti credit crunch

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Aggiornato il 26 Marzo 2024

imagesCon il termine atto di precetto viene comunemente indicata la procedura con la quale un creditore è obbligato a notificare al proprio debitore la sua intenzione di iniziare un’esecuzione forzata. In pratica prima di poter dare vita all’esproprio dei beni immobili o mobili del debitore, o ad un eventuale pignoramento tale da avere come oggetto il quinto dello stipendio o del trattamento pensionistico, oppure del conto in banca, il creditore ha sempre l’obbligo di produrre presso la residenza della controparte l’atto di precetto. Un obbligo che non sussiste solo ove il procedimento sia una esecuzione forzata, come quello che viene abitualmente messo in campo da Equitalia.

Si tratta in genere di una diffida redatta dal legale della parte creditrice, con la quale viene intimato al debitore l’adempimento dei suoi obblighi nel termine di dieci giorni dal ricevimento dell’atto, trascorsi i quali può iniziare la procedura esecutiva tesa al rientro della somma in oggetto.

Andrebbe a questo punto precisato che la strategia adottata molte volte dal debitore, tesa al mancato ritiro dell’atto presso la posta può rivelarsi un vero e proprio boomerang, poiché proprio la normativa vigente considera l’atto non ritirato alla stregua di uno notificato. Per far scattare la notifica, basta l’arrivo, una volta che sia trascorso il termine dei dieci giorni di giacenza, di un secondo avviso tramite raccomandata recante l’avvertenza del precedente tentativo di notifica. Il non ritiro va infatti a tramutarsi in una decisione del tutto deleteria poiché in questo caso, infatti, non solo scattano i termini legali, ma il debitore non conosce i termini della comunicazione e, di conseguenza, non è neanche nella condizione di poterla contestare. Questo è fondamentalmente il motivo per cui sarebbe comunque consigliabile accogliere l’atto di precetto, senza pensare a vie di fuga che possono rivelarsi alla fine ancora più dannose.

Va anche specificato come l’atto di precetto abbia una validità di novanta giorni, termine entro il quale deve essere obbligatoriamente effettuata la procedura di pignoramento. Una volta trascorso tale termine, l’esecuzione forzata viene infatti ad assumere carattere di illegittimità. Allo stesso tempo, il creditore che non abbia provveduto ad effettuare il pignoramento, può però procedere a fare notificare un nuovo atto di precetto, il quale farà nuovamente scattare dall’inizio il termine previsto.

Contestazione

Ove il debitore abbia intenzione di contestare la formale regolarità dell’atto di precetto, deve a sua volta farlo entro un termine di venti giorni dalla sua notifica. Una possibilità che è però limitata alla pura forma, in quanto non viene estesa alla eventuale contestazione della sostanza dell’atto, ovvero all’esistenza di una condizione debitoria, già preventivamente appurata.
Proprio in merito alla procedura esecutiva dell’atto di precetto, va però ricordato come il Decreto Legge emesso il 27 giugno di quest’anno, siglato dal numero 83 ed intitolato Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria“, più noto come decreto anti credit crunch, abbia proceduto ad introdurre una serie di interessanti novità.

L’articolo 13 del D.lgs n. 83 del 27 giugno 2015 recita infatti che ” Modifiche al codice di procedura civile – 1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 480, secondo comma, e’ aggiunto, in fine il seguente periodo: «Il precetto deve altresì contenere l’avvertimento che il debitore può con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.»;

Ratio legis

Il provvedimento è stato ispirato da due diverse esigenze:

  • da un lato l’esecutivo ha cercato di dare un taglio alla tempistica necessaria per le operazioni di recupero del credito, contemperandola però con il tentativo di evitare un aggravamento delle situazioni critiche, sempre più numerose in un Paese come il nostro ancora nel pieno di una crisi economica la quale non sembra intenzionata a lasciare campo libero alla auspicata ripresa. Va infatti ricordato che il credit crunch, ovvero la stretta in atto da parte degli istituti bancari, abbia reso sempre più complicato l’accesso al credito da parte di un gran numero di nostri concittadini. Di conseguenza anche onorare i propri debiti è diventato un peso insostenibile per molte economie familiari, aumentando a dismisura i casi in cui i creditori si trovano costretti a ricorrere ad atti estremi al fine di poter tutelare il proprio interesse.

Molti i temi trattati dal decreto, con una particolare attenzione proprio alla formulazione dell’atto di precetto, che è stato sensibilmente modificato con l’aggiunta di una specifica dicitura tesa ad imporre al creditore di avvertire il debitore sull’esistenza della possibilità di arrivare ad una ricomposizione della crisi. In alternativa, lo stesso creditore può a sua volta elaborare un piano di rientro del debito da prospettare al consumatore, nel quale si prevede l’intervento di un organismo di composizione della crisi creato all’uopo, oppure l’assistenza di un professionista la cui nomina sia stata effettuata dal Giudice.

In forza delle modifiche intervenute, l’atto di precetto risulta comunque sensibilmente modificato rispetto alla versione originaria. Prima della riforma l’articolo 480, intitolato “Forma del precetto”, stabiliva infatti che lo stesso doveva essere corredato, a pena di nullità, degli estremi delle parti, ovvero il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita delle controparti, oltre alla loro residenza e codice fiscale. Inoltre era necessaria la presenza della data in cui era avvenuta la notificazione del titolo esecutivo nel caso in cui la stessa fosse avvenuta in via separata, oltre all’integrale trascrizione dello stesso nelle eventualità previste dalla normativa vigente. Nei casi di questo genere prima di comporre la relazione della notifica, l’ufficiale giudiziario, doveva a sua volta procedere alle dichiarazione della avvenuta verifica della trascrizione, ovvero constatare che la stessa avesse piena corrispondenza con il titolo originale. Inoltre doveva essere eletto il domicilio della parte che aveva prodotto l’istanza nel comune ove aveva la sua sede il giudice delegato alla esecuzione del provvedimento.

Nel caso in cui anche uno solo dei contenuti ricordati fosse in difetto, poteva scattare il processo di opposizione del debitore, tramite l’attivazione di un giudizio da portare davanti al giudice del luogo di notifica. Infine, l’atto di precetto doveva essere firmato dal difensore, prima di essere notificato di persona al debitore.

Con l’articolo 13 del provvedimento entrato in vigore il 27 giugno, l’articolo che abbiamo ricordato viene ad essere modificato nel seguente modo: “Il precetto deve altresì contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore“.

L’introduzione di questo avvertimento, in aggiunta a quanto stabilito in precedenza, risponde soprattutto all’esigenza di permettere una ricomposizione tale da soddisfare entrambe le parti. Da un lato, infatti, il creditore potrebbe rientrare più facilmente della sua esposizione, mentre dall’altro il debitore può cercare di rimediare alla propria situazione debitoria adottando un piano più sostenibile, creato grazie al risolutivo intervento dell’organismo preposto alla composizione della situazione o di un professionista in grado di far accordare le parti sulla base degli interessi di entrambe. Un modo per favorire i processi di riconciliazione tra le parti e anche di evitare che troppe vertenze di questo genere vadano a finire in giudizio, sovraccaricando il sistema.

Andrebbe anche messo nel dovuto rilievo come grazie alla nuova formulazione dell’atto di precetto, verranno ad essere sottratti al procedimento di confisca tutti gli importi che risultino sotto il minimo considerato indispensabile per poter vivere, ovvero quelli corrispondenti all’assegno sociale di 448,52 euro, aumentato a sua volta della metà, raggiungendo in tal modo i 672,78 euro. Le pensioni che non riescono a toccare questo livello saranno sottratte ad eventuale processo di pignoramento, mentre nel caso che vadano ad eccederlo, proprio la parte che va a oltrepassarlo potrà invece essere sottoposta al sequestro per un quinto dell’importo.

Prelievo dal conto corrente

Va poi precisato che nella eventualità che le somme in questione siano sul proprio conto corrente in una data antecedente al pignoramento, il prelievo in questione può avere come oggetto esclusivamente gli importi che corrispondano al triplo dell’assegno sociale, ovvero 1.345,56 euro. Nel caso in cui l’accredito delle somme avvenga in una fase successiva al pignoramento o in contemporanea con lo stesso, potrà essere sottoposto a sequestro un massimo pari ad un quinto dell’importo.

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1 commento

  1. Grazie del contributo. Ha un piglio giuridico che piace; si sente di approfondire ulteriormente altri aspetti o di aggiungere altro lo faccia quando vuole. Nel frattempo Grazie

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