Riforma del lavoro, le ultime proposte

Quali sono le ultime proposte per la riforma del lavoro?
E’ durato circa quattro ore l’incontro a Palazzo Chigi tra il governo e le parti sociali, finalizzato ad affrontare l’argomento, quantomeno delicato, della riforma del lavoro. Al tavolo delle trattative si sono seduti, dalla parte del Governo, il ministro del lavoro Elsa Fornero, quello dello sviluppo economico Corrado Passera, il ministro dell’istruzione Francesco Profumo e il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà. La rappresentanza delle parti sociali è stata composta dai segretari dei sindacati CGIL, CISL, UIL e UGL, dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e dal presidente di Rete Imprese Italia Marco Venturi. Ad introdurre l’incontro è stato lo stesso presidente del consiglio Monti, il quale, dopo aver auspicato un dibattito serio «che non si limiti all’articolo 18» e che «porti ad approvare misure strutturali per favorire la crescita dell’Italia», è dovuto partire in direzione Bruxelles. Le proposte discusse, precisano gli stessi esponenti del governo, non verranno successivamente fatte approvare per decreto legge, ma rispetteranno l’iter legislativo richiesto, sebbene sia opportuno completare i lavori entro 4-5 settimane.

Entrando nel merito, il documento presentato dall’esecutivo è diviso in cinque punti fondamentali:

  1. tipologie contrattuali
  2. formazione apprendistato
  3. flessibilità
  4. ammortizzatori sociali
  5. servizi per il lavoro.

Punto centrale della trattativa è quello della cassa integrazione: secondo il documento presentato, ci sarebbe una sostanziale limitazione nel suo uso, prevedendolo solo nel caso in cui il lavoratore possa essere reintegrato nel mondo del lavoro in un breve periodo; inoltre, la cassa straordinaria si avvierebbe all’estinzione. «Gli ammortizzatori saranno finanziati da contributi come avviene nel sistema assicurativo – ha affermato il ministro Fornero – mentre la fiscalità generale servirà per l’assistenza». Le aziende che decideranno di licenziare, inoltre, dovranno pagare un’indennità risarcitoria. Su questo tema si esprime anche l’economista Tito Boeri, che si dice favorevole sia a una riforma della cassa integrazione ordinaria, sia all’abolizione di quella straordinaria che, secondo l’economista della Bocconi, «mantiene i lavoratori in un limbo che li tiene legati alla loro vecchia azienda, la quale non ha nessuna intenzione di reintegrarli, rendendo così difficile la riassunzione dei lavoratori altrove».
Un altro snodo fondamentale della riforma del lavoro riguarda le tipologie contrattuali.
Secondo il ministro del lavoro, la presenza di più di quaranta tipi di contratto «esclude anziché includere, segmenta, tratta in maniera eccessivamente differenziata diverse categorie di persone». Le soluzioni previste, quindi, prevedono un complessivo sfoltimento della giurisdizione contrattuale, permettendo la nascita di cosiddetti “contratti graduali” che si agganciano al “ciclo-vita” del lavoratore, ossia contratti che verranno scritti su misura per favorire la partecipazione dei lavoratori ai mercati formativo e lavorativo a qualsiasi età. Prende piede anche l’ipotesi del Contratto Unico d’Inserimento (CUI), che prevederebbe la sospensione dell’articolo 18 per i primi tre anni lavorativi di ogni lavoratore appena assunto, permettendo al datore di lavoro la possibilità di licenziare anche senza disporre di giusta causa (senza la quale, normalmente, viene ordinato il reintegro), versando però, come penalità, un importo pari a 5 giorni lavorativi retribuiti per ogni mese lavorato. Sempre all’ipotesi del CUI si lega la proposta, da parte dei sindacati, inerente l’introduzione di un reddito minimo garantito, che dovrebbe essere non inferiore a 25 mila euro lordi l’anno; questa ipotesi ha trovato un apertura da parte del ministro del lavoro, che però ha anche subito raffreddato le acque, dicendo che al momento risorse per una riforma di questo tipo non sono individuabili.

Strettamente correlata alla questione contrattuale è l’altro tema scottante, quello della flessibilità, in cui viene predisposto un modello di sgravo contributivo, anche in rapporto alla formazione svolta, col fine di consentire la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, facendo complessivamente costare più caro i primi e meno i secondi.
Forse per non agitare troppo le acque, l’argomento “articolo 18” non è stato ancora discusso, anche se dovrà prima o poi essere affrontato, forse già settimana prossima, quando il ministro Fornero si è detta intenzionata a convocare il secondo tavolo di trattativa.
Al termine dell’incontro, non si sono fatte attendere le dichiarazioni dei partecipanti. Dal lato del governo, si è espressa la stessa Fornero, dichiarandosi soddisfatta del clima di dialogo e del fatto che «i sindacati si sono dimostrati aperti al confronto». Su questa linea si è espressa anche Emma Marcegaglia, la quale definisce quella appena condotta una buona riunione, specificando che non si sono espresse ancora delle soluzioni definitive, ma si è aperta la strada per una riforma auspicabile. I toni si fanno sempre meno concitati dal lato sindacati, con la più scettica Susanna Camusso, che si è detta contraria all’abolizione della cassa integrazione straordinaria, esprimendo inoltre il suo distacco da quelle che sono le linee guida della proposta del governo, il quale, sempre secondo il segretario della CGIL, non dovrà pretendere scelte unilaterali. Batte su questo tasto anche Bonanni, il quale ha affermato che «se il governo crede di avere un provvedimento rapido e d’immagine, saltando l’aspetto della produttività, si sbaglia di grosso». Insomma, i sindacati hanno fatto sentire la propria voce, probabilmente ancora scottati dal blitz sulle pensioni, in cui di dialogo è stato praticamente inesistente.
Anche nel mondo politico sono arrivate delle prese di posizione, con il PD che esprime la sua soddisfazione per l’apertura della trattativa, mentre l’Italia dei Valori, più cautamente, avverte che le misure, questa volta, dovranno essere condivise. Dal lato PDL si fa sentire Maurizio Sacconi, dicendosi contrariato per la rinuncia, da parte del governo, di agire per decreto legge, evadendo da quel clima di urgenza con cui l’Europa chiede all’Italia di attuare riforme strutturali.

Agevolazioni fiscali per i lavoratori

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