News pensioni novità riforma di oggi e proposta quota 100 nella Manovra Finanziaria 2019

pensionati in pensioneLa tematica più discussa oggi dai diversi canali di comunicazione è forse proprio quella delle pensioni. Sembra, infatti, che il nostro Paese sia tornato indietro di sette anni, riportandoci alla precedente discussione in merito alla riforma pensionistica Fornero. Vista l’estrema attualità del tema e nel contempo la descrizione finanziaria che necessita il medesimo, va sottolineato sin da subito al lettore che le osservazioni esposte sono frutto esclusivamente di una disamina tecnica ed economica, che si propone il fine di spiegare nella maniera più oggettiva, semplice e razionale possibile.

La riforma proposta dall’attuale governo si propone, in breve, di superare il metodo contributivo del governo Monti attraverso tre interventi principali: l’ormai celebre “quota 100“, il blocco dell’aspettativa di vita e il taglio alle pensioni d’oro. Prima di entrare nel merito delle caratteristiche della nuova proposta di Legge Salvini è necessario però fare una breve premessa sul DL 201/2011, ovvero il sistema imposto dall’ex ministro Fornero.

Riforma pensionistica Fornero

In merito alla suddetta riforma va sin da subito precisato il contesto storico attraversato dall’Italia nel medesimo periodo. Nel 2010 l’Europa venne colpita da una forte crisi (già anticipata dal crollo del mercato immobiliare americano), che si diffuse nei Paesi con un debito importante dell’Eurozona.
Tale crisi, definita come crisi del debito, portò gli investitori a rinunciare ai titoli dei Paesi con un rischio rilevante di default, affidandosi a titoli con tassi minori, come la Germania. L’Italia accusò il peso di questo shock più di altri Paesi, per il semplice fatto che detiene il terzo debito pubblico del mondo non avendo la terza economia nello stesso.

Di fronte a tutto ciò e ad un orizzonte nefasto per il nostro Paese, il Parlamento rispose con riforme restrittive, che mirarono ad un maggiore risparmio pubblico per far fronte alla problematica del nostro debito.
Venne pertanto proposta una riforma avente il fine di ridurre il peso e il costo delle pensioni per lo Stato, con l’obiettivo di risparmiare 80 miliardi tra il 2012 e il 2021. Le principali novità di questa Legge furono:

  1. Aumento graduale delle pensioni delle dipendenti da 60 a 65 anni
  2. Incremento di un anno delle pensioni “anticipate” (per ottenerla sono ora necessari 42 anni e 3 mesi di lavoro per gli uomini, un anno in meno per le donne)
  3. Abolizione delle pensioni di tre volte maggiori rispetto all’importo minimo delle stesse

Ad una prima lettura i provvedimenti sopraelencati e approvati dalla maggioranza del Parlamento nel dicembre 2011, sembrano essere di estrema razionalità e formulati in maniera consapevole al periodo che lo Stato stava affrontando. Risulta innegabile che di fronte a tali restrizioni vi fu un beneficio rilevante per i conti pubblici del Paese, tuttavia l’allora Ministro del lavoro fu responsabile diretto di diseguaglianze ed errori, anche nei calcoli della riforma in questione. Tralasciando i forti tagli imposti dal nuovo sistema pensionistico Fornero, che ebbero un riscontro concreto nella popolazione, il governo non incluse all’interno della riforma 50.000 esodati, a causa di stime errate per i fondi indirizzati agli stessi. Oltre a questo, parte della riforma venne giudicata nel 2015 come incostituzionale (in particolare il punto 3 indicato poc’anzi). Per un’informazione completa va precisato che i governi successivi non approvarono alcun provvedimento volto al superamento di tale riforma, ma si limitarono alla polemica sterile in merito alla stessa (che nella maggior parte dei casi essi stessi avevano votato).

Riforma pensionistica Salvini

Il nuovo governo si vede ora impegnato a dare una svolta significativa alla Legge del 2011, promuovendo principalmente l’introduzione della quota 100. Quest’ultima sembra essere, per ora, l’unica cosa certa in riferimento al prossimo disegno di legge. L’inserimento di altre misure, margini, coperture e effetti è ancora oggetto di discussione. Conseguentemente a ciò risulta prematuro (oltre che inutile) elogiare o, d’altra parte, criticare una riforma ancora conosciuta in una delle sue parti. Entrando più nei dettagli, vediamo ora in che cosa consiste la cosiddetta “quota 100”.
L’ipotesi proposta dal leader della Lega permetterebbe di andare in pensione già dai 62 anni di età e 38 di contributi (da qui il nome). Questo consentirebbe una forma di anticipo dell’assegno pensionistico, ma non per tutti allo stesso modo. Il caso dei 38 anni di contributi, che permettono di andare in pensione a soli 62 anni è solo una parte della proposta.
Il resto si rifà alla “quota 41”, con la quale è possibile ricevere la rendita pensionistica con 41 anni di contributi versati, a prescindere dall’età. Infine, le misure previste ed in fase di elaborazione, prevedono che le persone in una fascia d’età più alta rispetto ai 62 anni possano accedere alla pensione a patto che abbiano lavorato per almeno 38 anni.
Gli altri provvedimenti accennati a inizio articolo, più precisamente il taglio delle pensioni d’oro e il blocco dell’aspettativa di vita, sono in una fase di discussione ancora primordiale (pur essendo presenti nel contratto di governo). Tuttavia, in merito a ciò, il governo prevede il recupero di circa tre miliardi in tre anni attraverso le misure accessorie alla quota 100.

Costi, sostenibilità e benefici previsti

Valutare la sostenibilità e le conseguenti coperture delle misure proposte non è semplice. In prima istanza per il semplice fatto che, come precisato più volte, non vi è ancora un testo definitivo delle stesse. In secondo luogo e non da meno, poiché i costi e il relativo ritorno in termini di spesa si basano su stime.
Nel panorama politico attuale vi sono principalmente due posizioni in riferimento ai costi. La prima, ovvero la linea leghista e pentastellata, calcola che i costi della “quota 100” si aggirerebbero attorno ai 7 miliardi per il primo anno. Dall’altra parte l’opposizione (appoggiata dalle previsioni Inps) parla di numeri decisamente superiori rispetto a quelli del governo gialloverde, attorno ai 12 miliardi per l’attuazione della riforma. In realtà, molto dipende dall’importo degli assegni pensionistici, che, in caso della “quota 100”, verrebbero probabilmente ridotti.

I costi della riforma sarebbero quindi commisurati anche in riferimento alla riduzione della somma percepita. I benefici che il governo si prospetta di raggiungere sono prima di tutto un aumento dell’occupazione giovanile, un aumento della spesa e relativi effetti sulla componente dei consumi del PIL.

Per ognuno di questi effetti la discussione è ancora più ampia rispetto a quella relativa alla sostenibilità.
In attesa di una bozza definitiva, lascio a tutti voi una conclusione in merito al tema delle pensioni, sperando di avervi dato delle indicazioni utili per la comprensione della stesso.

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