Vediamo di capire punti di forza e debolezza nella Sentenza UE che ha visto condannare Apple per presunti Aiuti di Stato un importo di 13 miliardi di euro al fine di analizzare brevemente non solo le possibilità di impugnazione in capo al contribuente ma anche per verificare se questo costituisce un importante precedente che mette al rischio gruppi internazionali che hanno adottato un modello organizzativo similare a questo.
La Commissione europea ha condannato ieri Apple a rimborsare al governo irlandese imposte non versate per via di alcuni accordi fiscali presunti illegittimi (c.d. tax rulings) sottoscritti dall’Irlanda e da Apple nel 1991 e nel 2007. Secondo la Commissione UE, infatti, l’Irlanda ha concesso nel corso degli anni vantaggi fiscali illegali che hanno consentito al gruppo americano di versare molte meno imposte di altre imprese.
L’iniziativa della UE si è appoggiata sul piano BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) elaborato dall’OCSE per combattere le strategie di arbitraggio tributario di cui le multinazionali hanno abusato in questi anni.
L’ammontare del rimborso dovuto da Apple ad uno Stato europeo è il più alto mai visto prima, in quanto ammonta a 13 miliardi di Euro oltre interessi (il precedente caso riguardante il circuito di Formula 1 del Nurburgring ammontava infatti a “soli” 1,3 miliardi di Euro rimborsati al governo tedesco).
Parere della UE sugli Aiuti di Stato
Secondo la Commissione UE, gli accordi fiscali emanati dall’Irlanda sono privi di una giustificazione fattuale ed economica, in quanto assegnano la maggior parte degli utili delle società irlandesi del gruppo ai rispettivi headquarters, privi di attività sostanziali e soprattutto ubicati in Paesi a fiscalità privilegiata. In altre parole, attraverso questi tax rulings la maggior parte degli utili prodotti da Apple non è stata mai tassata.
Tuttavia, anche prescindendo dai suddetti accordi, è opportuno evidenziare come in ambito europeo il tax rate applicato alle società è assolutamente disallineato e offre alla multinazionali (si pensi anche ai recenti casi Fiat/FCA e Starbucks) la facoltà non solo di insediarsi fisicamente nei Paesi che assicurano migliori condizioni fiscali, ma anche di implementare modelli organizzativi e produttivi in modo da limitare al massimo le imposte da versare globalmente. E’ possibile infatti passare dal 10% della Bulgaria, al 30% della Germania o all’oltre 40% della Francia.
Ma se nella maggior parte dei Paesi membri dell’UE la sovranità fiscale è considerata tuttora intoccabile, pensate che ci siano margini di intervento per riequilibrare il sistema?
Interessante il comunicato diramato da Apple il 31 Agosto 2016 da Apple anche se non entra nei tecnicismi sopra descritti e non approfondisce le vicende legate alla procedura che ha interessato sulla contestazione di questi accordi sul presupposto che fosse Aiuti di Stato ma lascia lo spazio comunque a diverse riflessioni e che di seguito riportiamo integralmente: “Un messaggio alla comunità Apple in Europa Trentasei anni fa, ben prima di lanciare l’iPhone, l’iPod e perfino il Mac, Steve Jobs inaugurò la prima sede operativa di Apple in Europa. All’epoca, l’azienda sapeva che per servire i clienti europei avrebbe avuto bisogno di una base nel vecchio continente. Per questo, nell’ottobre 1980, Apple aprì una fabbrica a Cork, in Irlanda, con 60 dipendenti.
In quegli anni Cork soffriva di un tasso di disoccupazione altissimo e di investimenti economici quasi inesistenti. Ma i dirigenti Apple vi riconobbero una comunità ricca di talenti, capace di sostenere la crescita dell’azienda se il futuro fosse stato favorevole.
Da allora abbiamo lavorato a Cork senza soluzione di continuità, persino durante i periodi di incertezza riguardo al nostro stesso futuro, e oggi diamo lavoro a oltre 6000 persone in tutta l’Irlanda; ma è ancora a Cork che si concentra il maggior numero di dipendenti. Alcuni sono con noi fin dal primo giorno, e tutti contribuiscono con funzioni diverse al successo di Apple nel mondo. Innumerevoli multinazionali hanno seguito l’esempio di Apple scegliendo di investire a Cork, e oggi l’economia locale è più forte che mai.
1980: Steve Jobs in visita alla nuova sede Apple di Cork.
Il successo che ha spinto la crescita di Apple a Cork deriva da prodotti innovativi, capaci di conquistare i nostri clienti. È questo che ci ha permesso di creare e sostenere oltre 1,5 milioni di posti di lavoro in tutta Europa: posti di lavoro in Apple, posti di lavoro presso centinaia di migliaia di brillanti sviluppatori che distribuiscono le loro app attraverso l’App Store, e posti di lavoro negli stabilimenti dei nostri produttori e fornitori. Le aziende di piccole e medie dimensioni che dipendono da Apple sono innumerevoli, e noi siamo orgogliosi di supportarle.
Come azienda ci comportiamo da cittadini responsabili e siamo altrettanto orgogliosi di contribuire al benessere delle economie locali in tutta Europa e delle collettività in tutto il mondo. Crescendo anno dopo anno, siamo diventati il maggior contribuente in Irlanda, il maggior contribuente negli Stati Uniti e il maggior contribuente al mondo.
Negli anni, ci siamo avvalsi delle indicazioni delle autorità irlandesi per rispettare le normative fiscali del Paese; le stesse indicazioni che qualsiasi azienda attiva in Irlanda ha a disposizione. Come in tutti i Paesi in cui operiamo, in Irlanda rispettiamo la legge e versiamo allo Stato tutte le tasse che dobbiamo.
La Commissione Europea ha lanciato un’iniziativa che vuole riscrivere la storia di Apple in Europa, ignorare le normative fiscali irlandesi e sovvertire così l’intero meccanismo fiscale internazionale. Il parere della Commissione emesso il 30 agosto sostiene che l’Irlanda avrebbe riservato a Apple un trattamento fiscale di favore. È un’affermazione che non trova alcun fondamento nei fatti o nella legge. Noi non abbiamo mai chiesto, né tantomeno ricevuto, alcun trattamento speciale. Ora ci troviamo in una posizione anomala: ci viene ordinato di versare retroattivamente tasse aggiuntive a un governo che afferma che non gli dobbiamo niente più di quanto abbiamo già pagato.
La mossa senza precedenti della Commissione ha implicazioni gravi e di vasta portata. Di fatto è come proporre di sostituire la normativa fiscale irlandese con quel che la Commissione ritiene avrebbe dovuto essere tale normativa. Sarebbe un colpo devastante alla sovranità degli Stati membri in materia fiscale e al principio stesso della certezza del diritto in Europa. L’Irlanda ha dichiarato di voler ricorrere in appello contro la decisione della Commissione. Apple farà altrettanto, e siamo fiduciosi che l’ordine della Commissione verrà ribaltato.
Il nocciolo della questione non è quante tasse debba pagare Apple, ma quale Paese debba riscuoterle.
La tassazione delle aziende multinazionali è una materia complessa, ma tutto il mondo riconosce lo stesso principio fondamentale: i profitti di un’azienda devono essere tassati là dove l’azienda crea valore. Apple, l’Irlanda e gli Stati Uniti concordano su questo principio.
Nel caso di Apple, quasi tutte le operazioni di ricerca e sviluppo si svolgono in California, quindi la stragrande maggioranza dei nostri profitti è tassata negli Stati Uniti. Le aziende europee che operano negli USA sono tassate secondo lo stesso principio. Eppure, oggi la Commissione sta chiedendo di modificare retroattivamente queste regole.
Oltre a evidenti ripercussioni per Apple, questa sentenza avrà effetti profondamente negativi sugli investimenti e sulla creazione di lavoro in Europa. Se valesse la teoria della Commissione, qualsiasi azienda in Irlanda e in Europa correrebbe improvvisamente il rischio di vedersi tassata in base a leggi mai esistite.
Apple è da tempo a favore di una riforma delle normative fiscali internazionali, con l’obiettivo di avere più semplicità e trasparenza. Riteniamo che questi cambiamenti dovrebbero essere introdotti nel rispetto delle procedure legislative, a partire da proposte discusse dai leader e dai cittadini dei Paesi interessati. E come tutte le leggi, le nuove norme dovrebbero valere da quando entrano in vigore, non retroattivamente.
Noi non rinunciamo al nostro impegno in Irlanda: vogliamo continuare a investire, a crescere e a servire i nostri clienti con passione immutata. Siamo fermamente convinti che i fatti e i consolidati principi giuridici su cui è fondata l’Unione Europea finiranno per prevalere.”
Nel frattempo mentre scrivo il titolo non sembra affatto risentire in questa seduta della multa inflittagli dalla UE anche se alcuni affermano che il titolo abbia già scontato gli effetti di questa Sentenza UE che nelle previsioni avrebbe dovuto portare ad una multa intorno ai 19 mld di euro.
Sicuramente per Gruppi internazionali che hanno adottato strutture societarie similari, e ce ne sono l’interrogativo sarà quello approfondire maggiormente gli aspetti di similarità e di applicazione delle conclusioni a fattispecie analoghe.
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