Proseguiamo nell’analisi degli effetti del Corona virus a livello di rapporti commerciali e contrattuali anche per quello che concerne i contratti di affitto e locazione per verificare se non vi sono gli estremi anche qui di beneficiare di clausole rescissorie o risoluzione, riduzioni del canone o sospensione dei pagamenti.
Domanda riduzione canone di affitto
- Ho diritto alla riduzione del canone di affitto?
- Posso risolvere il contratto senza preavviso?
- La Pandemia è una giusta causa per sospendere i pagamenti?
Se pensate infatti che generalmente il costo di affitto per una attività rappresenta statisticamente una percentuale tra il 20% ed il 30% del fatturato complessivo annuo potete immaginare al questione quanto possa essere importante per evitare il rischio di chiudere l’attività con conseguenti danni per il locatario e anche per il locatore.
Queste sono solo alcune domande che si pone il piccolo imprenditore davanti a questa emergenza che vede i suoi ricavi ridursi per effetto della sospensione delle attività.
Già nel Decreto Cura Italia si fa menzione nell’articolo 65 al Credito di Imposta che recita: “Art. 65 (Credito d’imposta per botteghe e negozi) 1. Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per
l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1. 2. Il credito d’imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 ed è utilizzabile, esclusivamente, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126
Tuttavia non è finita qui o almeno cerchiamo di analizzare insieme quali altri conseguenze può portare la pandemia annunciata dall’OMS nei rapporti commerciali la chiusura delle attività non essenziali imposta dal Governo Conte può determinare a partire dal primo marzo fino al 3 aprile (salvo proroga chiusura attività per Corona Virus).
Come disciplinato dal DPCM dell’25 marzo 2020 alcune attività infatti, seppur in essere regolarmente, non possono essere essere esercitate per cui anche prestazioni di servizio come il godimento di bei quali immobili non può essere pienamente fruito. Queste attività sono state chiaramente identificate sulla base di un allegato in cui sono inseriti i codici ATECO. Sono certo che allo stato attuale già saprete se la vostra attività ha subito uno stop dopo il decreto. che possono e quelli che non possono indipendentemente dalla produzione di beni o la prestazione di servizi.
La Pandemia di per sè no rappresenta una colpa in capo al locatore che lo espone ad azioni come quelle della sospensione per cui non può essere attribuita loro per il mancato godimento dell’immobile.
Tuttavia il Legislatore ha previsto un articolo specifico del codice civile, l’articolo 1460 e l’articolo 1464 che vi riporto nel seguito in forma estesa per maggiore chiarimento che possono portare alla richiesta della riduzione del canone di affitto per i giorni di chiusura dell’attività.
Art. 1464. (Impossibilita’ parziale): Quando la prestazione di una parte e’ divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.
In questo caso tuttavia non parla di parzialmente ma, in taluni casi proprio di impossibilità totale.
Art. 1460. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.
Tuttavia non può rifiutarsi la esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.
Cosa si intende per riduzione del canone: come funziona
Il Canone non può essere azzerato ma nella prassi si riscontra che può essere ridotto ragionevolmente nella misura del 50% per via del doppio disagio patito sia per il proprietario dell’immobile sia per il suo affittuario.
Tuttavia nei casi delle attività interrotte totalmente sarebbe ragionevole ipotizzare una riduzione totale del canone di affitto per via dell’impossibilità di esercitare in toto l’attività per una causa estranea alla volontà dell’inquilino.
Tuttavia è anche vero, come anticipato in premessa, che il legislatore ha introdotto un credito di imposta pari al 60% del canone di marzo per cui l’inquilino di fatto, ha tutti gli strumenti per essere indennizzato dalla situazione contingente. Questo credito sarà utilizzabile dal 25 marzo 2020 ed il contribuente lo potrà utilizzare in compensazione con altri tributi da versare anche se questi dovrebbero essere stati sospesi.
Risoluzione anticipata contratti di locazione
Per quello che concerne le attività per cui non è stata prevista la sospensione non possiamo dire che questi non risentano negativamente dalla situazione congiunturale. Per coloro che non ce la fanno a pagare il canone ed hanno deciso ugualmente di chiudere per motivi sanitari o per esigenze commerciali si potrà invocare la disposizione prevista dall’articolo 1467 del codice civile che consente all’inquilino e anche al proprietario di risolvere anticipatamente il contratto che recita “Dell’eccessiva Onerosità del contratto”. Sezione III – Dell’eccessiva onerosità – Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.
La pandemia non può non essere considerata una causa straordinaria.
Si suggerisce tuttavia per evitare di compromettere i rapporti con il proprietario ed essendo la situazione momentanea, di concordare con il proprietario una ragionevole riduzione del canone o una sua sospensione.
Nel seguito l’articolo di approfondimento sugli adempimenti necessario per la risoluzione anticipata del Contratto di Locazione
Riduzione del canone di affitto; come e quando è possibile richiederla
Riduzione canone e cedolare secca
L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alle domande di un contribuente aventi ad oggetto la possibilità procedere alla riduzione del canone in presenza di un contratto per il quale il proprietario locatore di caso ha aderito all’opzione per la cedolare secca sugli affitti.
Parliamo dell’nterpello 9 marzo 2021, n. 165 in cui il contribuente dichiara di beneficiare dell’aliquota del 10. La risposta è che è possibile in quanto riduzione di natura eccezionale e temporanea derivante dalla pandemia. Nell’art. 21 dell’Accordo territoriale in base a cui si fruisce dell’aliquota ridotta viene infatti prevista questa clausola a patto che le parti contrattuali “non manifestano alcuna volontà e/o facoltà in ordine alla sua automatica applicazione temporanea all’interno del contratto di locazione immobiliare”.
Legge n. 392/1978
Risoluzione n. 13/E dell’Agenzia delle Entrate del 20 marzo 2020
Durata Minima Affitto negozi e attività commerciali
Grazie del prezioso spunto di osservazione. Come sa da sempre si privilegia la tutela dell’interesse dell’inquilino e in questa direzione vanno anche le previsioni contenute nei decreti. Quanto scritto vale ma si dovrebbe comunque stare attenti a non tirare la corda con il proprietario che potrebbe minacciare la risoluzione anticipata del contratto anche se di questi tempi avere un inquilino che paga è un privilegio. Non trascuriamo anche il fatto che l’impennata nella digitalizzazione che si avrà nei prossimi mesi con l’accelerazione nell’utilizzo dello Smart working darà un duro colpo al mercato delle locazioni commerciali.
Le considerazioni svolte nell’articolo in commento sono condivisibili, ma soltanto se esaminate dal punto di vista del conduttore dell’immobile concesso in locazione. Occorrerebbe infatti analizzare la questione anche dal punto di vista del locatore, avendo pure riguardo al Testo unico delle imposte sul reddito (TUIR) – art. 26 (Imputazione dei redditi fondiari), comma 1, in base al quale <>. Dunque, secondo la disposizione sopra riportata, il reddito per il canone di locazione concorre sempre e comunque alla determinazione del reddito complessivo del locatore, è quindi assoggettato a tassazione anche quando non viene effettivamente percepito ricorrendo le ipotizzate situazioni di impossibilità sopraggiunta della prestazione del conduttore. Ne risulta, fra l’altro, un’alterazione del sinallagma funzionale, venendo meno il necessario bilanciamento tra la facoltà del locatore di avvalersi della impossibilità sopraggiunta di rendere la propria prestazione, interamente o solo parzialmente, e la prestazione del locatore; questi, infatti, è comunque tenuto a lasciare l’immobile nella disponibilità del locatario, senza percepire il canone di locazione, almeno fino a quando il locatario medesima non decida, eventualmente, di avvalersi della facoltà di risolvere anticipatamente il contratto per impossibilità sopravvenuta della propria prestazione a causa dei provvedimenti legati all’epidemia da COVID-19.